- A causa delle misure di distanziamento sociale, all'improvviso ampi settori dell'attività economica sono rimasti bloccati e la ripresa sarà lenta.
- Ci aspettiamo che la crescita del PIL globale diminuisca almeno del 3% nel 2020, prima di risalire di oltre il 5% nel 2021. Dati gli enormi stimoli fiscali messi in campo dal governo, negli Stati Uniti la recessione sarà probabilmente meno profonda rispetto all'Eurozona, e la ripresa più veloce.
- Le nostre previsioni non includono il rischio concreto di nuove ondate di pandemia.
Come e quando finirà la più grande crisi sanitaria ed economica globale dalla Seconda Guerra Mondiale? In breve, a tre mesi dall'inizio della pandemia di Covid-19 non abbiamo ancora una risposta. Ma dopo aver partecipato a un nuovo strategy meeting convocato ad hoc, siamo in grado di avanzare qualche ipotesi ragionevole grazie all'intenso lavoro svolto dalla nostra piattaforma di investimento nelle ultime settimane.
Secondo il nostro scenario di base, la ripresa dell'economia mondiale richiederà tempo, tuttavia nei prossimi mesi dovremmo iniziare a vedere i primi segnali di stabilizzazione. In molti Paesi è già in atto una grave recessione, anche dove non è stata ancora ufficialmente etichettata come tale. A causa delle misure di distanziamento sociale, all'improvviso ampi settori dell'attività economica sono rimasti bloccati. La ripresa sarà probabilmente lenta e le conseguenze della crisi ci accompagneranno ancora a lungo, come indicano le nostre previsioni economiche (v. tabella seguente).
Ci aspettiamo che la crescita del PIL globale si riduca almeno del 3% nel 2020, prima di risalire di oltre il 5% nel 2021. Le cifre sono arrotondate. Considerato il quadro di forte incertezza, in realtà saremmo soddisfatti - e un po' sorpresi - se le previsioni formulate per i singoli Paesi si rivelassero corrette fino all'ultima cifra. Ma probabilmente ciò che più conta è la performance relativa delle principali economie. Per gli Stati Uniti ci aspettiamo una recessione meno profonda rispetto all'Eurozona, e una ripresa più veloce sostanzialmente in linea con la crescita del PIL. Questo grazie in particolare all'enorme stimolo fiscale, che secondo le previsioni farà aumentare il disavanzo di bilancio al 18% del PIL statunitense per quest'anno. A nostro parere, nel 2020 l'inflazione sarà trascinata al ribasso dal calo dei prezzi del petrolio, ma probabilmente risalirà l'anno prossimo quando la domanda repressa, spronata dagli stimoli fiscali, inizierà forse a contrapporsi alle limitazioni dal lato dell'offerta.
Ovviamente, queste prospettive sono circondate da grande incertezza. Oltre a lasciare montagne di debito dietro di sé, molto probabilmente il COVID-19 modificherà i comportamenti di lavoratori e famiglie, delle imprese e degli intermediari finanziari. Ma essendo solo agli inizi della crisi, sarebbe inopportuno speculare sulla natura e la portata specifiche di questi cambiamenti.
Ciò che invece si sta già delineando con maggiore chiarezza è l'attuale valutazione della situazione da parte dei mercati finanziari. Mentre scriviamo, le borse sembrano determinate a guardare oltre la crisi. Dopo la fase di panico, nel giro di qualche settimana i mercati statunitensi, in particolare, sono tornati a valutazioni che fino a poco tempo fa sarebbero sembrate eccessivamente elevate anche senza una pandemia globale. Naturalmente il sentiment può cambiare e non saremmo sorpresi se si toccassero ancora i minimi di marzo. Per il momento, però, Wall Street sembra intenzionata a ignorare i terribili effetti della crisi sugli utili aziendali, per i quali non ci aspettiamo un pieno recupero prima del 2022. Considerando anche gli stimoli fiscali e monetari senza precedenti, tra un anno i mercati azionari potrebbero essere risaliti del 10%.
Per quanto riguarda i mercati obbligazionari, crediamo che gli interventi accomodanti delle banche centrali siano destinati a proseguire o addirittura ad accelerare. In generale, i tassi di interesse dovrebbero rimanere bassi più a lungo e le misure della Banca centrale europea (BCE) e dell'Unione europea (UE) riusciranno probabilmente a ridurre gli spread dei Paesi periferici quali Italia e Spagna. Le obbligazioni societarie dovrebbero beneficiare dei piani di acquisto di attivi delle banche centrali, soprattutto nei mercati relativamente poco profondi dell'Eurozona. Sul fronte dei mercati emergenti, ci aspettiamo che le obbligazioni societarie e i titoli sovrani si riprendano in parte rispetto ai livelli attuali, purché vi sia una svolta nei dati sulla crescita economica.
In termini di profili rischio-rendimento relativi, preferiamo le obbligazioni high yield a quelle di categoria investment grade e queste ultime ai titoli dei mercati emergenti.
Considerato l'aumento del rischio di default e dei rischi associati all'impatto di notizie negative, la selezione e la gestione attiva saranno fondamentali in tutte queste categorie. E con ciò arriviamo al nostro penultimo punto.
Ci aspettiamo che la recente forza del dollaro statunitense sia confermata in un contesto di continua incertezza, probabilmente finché non ci saranno progressi sul fronte medico, per esempio con lo sviluppo di migliori opzioni di trattamento del virus o la scoperta di un vaccino. Invitiamo comunque alla cautela, specificando che il rischio concreto di ulteriori ondate di pandemia non è stato considerato dalle nostre previsioni.