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- Primi segnali di inflazione?
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A nostro giudizio, era solo una questione di tempo. Alla fine, erano prevedibili dei moderati aumenti dell'inflazione negli Stati Uniti. Le misure per combattere l'epidemia hanno inizialmente stroncato sia l'offerta che la domanda, ma il lato dell'offerta tende a essere più rigido in quanto richiede tempo per ricostruire le capacità. Nel frattempo, i generosi benefici fiscali hanno permesso al potere d'acquisto delle famiglie di “galleggiare”. Pertanto, a mano a mano che vengono in parte revocate le restrizioni sulle attività economiche, la domanda aggregata più elevata si trova a sua volta di fronte a una minore offerta. Almeno temporaneamente, ciò contribuirebbe a un aumento dei prezzi, a partire, probabilmente, dai beni che “regalano felicità" in tempi di distanziamento sociale.
Come illustrato nel "Grafico della settimana", in agosto l'indice dei prezzi basato sulla spesa per consumi personali (PCE, Personal Consumption Expenditures) ha fornito alcune prove a sostegno dello scenario sopra menzionato. Per la prima volta in 25 anni, i prezzi dei beni di consumo durevoli, che erano precedentemente precipitati in territorio disinflazionistico, sono tornati positivi: tra i principali fattori, i prezzi degli elettrodomestici (che hanno guadagnato il 10% da febbraio 2020) e dei veicoli a motore usati (saliti del 17%).
La pandemia sembra essere una causa plausibile. Quando le persone cercano di evitare di usare i trasporti pubblici, le auto usate possono essere un ovvio sostituto (ad esempio, per coloro che sfortunatamente hanno perso il lavoro, prendere in leasing una nuova automobile potrebbe non essere un'opzione valida). Nel frattempo, i tassi d'interesse storicamente bassi sui mutui sulla scia delle politiche monetarie più espansive continuano a spingere i mercati immobiliari. Le nuove case tendono a generare acquisti secondari. Per quanto riguarda i beni di importazione, un altro fattore dietro alle pressioni al rialzo sui prezzi potrebbe essere la carenza di capacità dei veicoli marittimi di trasportare le merci, sempre a causa della pandemia.[1]
Ovviamente, queste tendenze potrebbero facilmente invertirsi. Come suggerisce Christian Scherrmann, economista statunitense di DWS: "Il recente aumento dei prezzi dei beni di consumo durevoli potrebbe benissimo rivelarsi transitorio, ma serve da esempio per mostrare quanto rapidamente l'inflazione possa reagire alle rapide variazioni delle circostanze". Per non sovradimensionare le cose bisogna ricordare che i beni di consumo durevoli rappresentano ancora soltanto il 12% circa della spesa complessiva, rispetto al 66% dei servizi.[2] Ciò detto, negli ultimi anni i prezzi dei servizi hanno già registrato una tendenza di crescita lievemente superiore al 2%[3]. Una volta che sarà vinta la battaglia contro il virus, è probabile che anche i servizi si troveranno ad affrontare carenze di capacità.