ott 23, 2020 Chart of the week

Lezioni cinesi

La prima vittima del Covid-19 continua a recuperare, grazie a misure strutturali che ne aumentano la solidità dell'economia e spingono verso l'alto la sua valuta. Non senza rischi, tuttavia.

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In termini puramente economici, la battaglia della Cina contro la pandemia è stata un assoluto successo. La sua precoce risposta alla crisi ha visto il ricorso all'abituale serie di misure di sostegno di politica monetaria, dal taglio dei tassi d'interesse alle iniezioni di liquidità.

Assieme al rigoroso contenimento del virus, la formula ha funzionato piuttosto bene: nel 2020 il divario in termini di crescita economica tra la Cina e gli Stati Uniti sembra destinato ad ampliarsi arrivando al 6%. Oltre a questo, una gamma di misure strutturali, volte ad esempio a incentivare ulteriormente il progresso tecnologico e a cercare di conseguire una maggiore autosufficienza, dovrebbero rafforzare il potenziale di crescita a lungo termine della Cina, rendendola, forse, meno vulnerabile alle misure commerciali statunitensi. Indipendentemente da chi salirà alla Casa Bianca, la corsa per la leadership tecnologica probabilmente continuerà.

Molto altro è già cambiato negli ultimi dieci anni. L'attuale avanzo delle partite correnti della Cina ha interrotto il suo declino strutturale, che l'ha visto passare da un picco del +10% di prodotto interno lordo (PIL) nel 2007 allo zero nel 2018, attestandosi di recente intorno all'1-2%.[1]

Nel secondo trimestre le esportazioni hanno sofferto meno di quanto si temesse, in parte per via dei cambiamenti che hanno interessato la produzione cinese. Beni come i prodotti sanitari o gli articoli elettronici e tecnologici necessari per il lavoro a distanza hanno soddisfatto la forte domanda globale e anche i servizi non informatici si sono normalizzati. Persino attività come il turismo stanno registrando una ripresa, sebbene ancora al di sotto dei livelli degli anni precedenti.

Tutti questi elementi lasciano presagire la ripresa a forma di V in cui spera buona parte del resto del mondo. Il relativo successo della Cina non è, tuttavia, privo di rischi. Di recente, come illustrato nel "Grafico della settimana", la banca centrale della Repubblica Popolare Cinese (PBoC) ha cercato coraggiosamente di rallentare l'apprezzamento della sua valuta, il renminbi, rispetto al dollaro statunitense, in parte cercando di stimolare i deflussi di capitali. "Non sarà facile", sostiene Elke Speidel-Walz, Capo Economista per i Mercati Emergenti di DWS. "Il differenziale dei tassi d'interesse tra Cina e Stati Uniti è attualmente pari a circa il 2,75% nelle scadenze tra i due a i dieci anni.

Dal momento che un ulteriore taglio dei tassi d'interesse da parte della PBoC appare improbabile, la situazione sembra destinata a continuare". L'inclusione dei mercati azionari e obbligazionari cinesi negli indici globali unita alle misure in corso di attuazione per la liberalizzazione del mercato dei capitali sta facilitando gli investimenti da parte degli stranieri. All'inizio di questo mese, il provider di indici FTSE Russell ha deciso di includere il debito sovrano cinese nel suo indice di riferimento sui titoli di stato (FTSE World Government Bond Index). Secondo le stime, questo potrebbe dare avvio a 140 miliardi di dollari di investimenti il prossimo anno.

1. Bloomberg Finance L.P. al 13/10/20

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