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- L’economia statunitense dovrebbe sostenere l’immobiliare
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Le prospettive per l’immobiliare statunitense sono brillanti, a nostro giudizio, grazie al miglioramento dei fondamentali insieme a delle condizioni finanziarie favorevoli. Gli stimoli fiscali messi in campo dall’America, che in totale ammontano a quasi 5 trilioni di dollari statunitensi (25% del prodotto interno lordo – PIL-), sono di gran lunga i più ingenti del mondo industrializzato (seguono Giappone e Regno Unito al 16-17%, mentre la Germania e la Francia sono intorno al 10%).[1]
I tassi di risparmio personali ancora elevati (in media circa il 17% dall’inizio del 2020, rispetto a circa il 7% del decennio che si è chiuso nel 2019) attestano il potere di spesa accumulato dai consumatori costretti a casa durante la pandemia.[2] Nel frattempo, i vaccini per il Covid-19 consentono di sbloccare l’offerta dal punto di vista economico. Pur permanendo dei rischi (tra cui la tempistica e la portata effettiva delle misure di stimolo fiscale, il comportamento di spesa delle famiglie, la pressione inflazionistica), l’economia statunitense sembra aver imboccato un percorso di solida crescita.
"Location, location, location” non è l’unica cosa che conta, come mostra il nostro Grafico della settimana. Per i mercati immobiliari nel loro insieme, le tendenze macroeconomiche sono importanti non meno dei fondamentali. Negli ultimi 20 anni, l’assorbimento netto[3] ha mostrato una netta correlazione (0,8) con la crescita economica.[4] Questo non significa necessariamente che la domanda di spazi seguirà necessariamente il passo accelerato dell’economia. Il calo dell’assorbimento nel 2020 è stato meno pronunciato rispetto a quello del PIL, e questo suggerisce che anche il rimbalzo potrebbe essere meno forte. Si può anche sostenere che le difficoltà strutturali vissute dal settore degli uffici (lavoro a distanza) e del retail (e-commerce) potrebbero soffocare la domanda, anche se questi effetti dovrebbero essere quantomeno in parte compensati da effetti favorevoli nel segmento residenziale (carenza di abitazioni) e industriale (e-commerce, logistica).
I costi di costruzione sono saliti del 6% a marzo rispetto all’anno precedente, il livello maggiore negli ultimi 12 anni
La regolamentazione della domanda contribuirà a promuovere la ripresa
A nostro avviso, la regolamentazione della domanda contribuirà a promuovere la ripresa. L’edilizia multi-familiare e commerciale ha chiuso il primo trimestre del 2021 in calo rispettivamente del 10% e 30%, rispetto alla fine del 2019.[5] Anche se i mercati del debito sono ripartiti rispetto a metà 2020, il 26% delle banche continua a ridurre gli standard di erogazione dei nuovi mutui per le costruzioni.[6] I costi delle costruzioni sono saliti del 6% a marzo rispetto all’anno precedente, il livello maggiore negli ultimi 12 anni, a causa dell’impennata dei prezzi delle principali materie prime come l’acciaio e il legname.[7] A nostro giudizio, una moderata offerta e una ripresa della domanda stabilizzeranno i tassi di occupazione e i canoni, inizialmente nel settore degli appartamenti e successivamente (nel 2022) nel settore degli uffici e del retail (mentre gli immobili industriali dovrebbero mantenersi costantemente su buoni livelli).
Negli ultimi 20 anni, l’assorbimento netto ha mostrato una netta correlazione (0,8) con la crescita economica.
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