giu 03, 2020 Chart of the week

Le azioni costose diventano più care perché quelle a buon mercato rimangono a buon mercato.

Il Covid-19 non ha posto fine agli squilibri settoriali in ambito azionario. I preferiti dell'ultimo ciclo rimangono apprezzati.

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Chiaramente, non si tratta di una ripresa regolare. Può durare? Le vecchie conoscenze di Wall Street sanno che è sempre possibile spiegare qualsiasi evento e il suo contrario. Gli investitori che a metà marzo si preoccupavano di trovare un “falling knife” nei mercati azionari, oggi, guardando il proprio portafoglio, proveranno meno gioia di quelli più coraggiosi che hanno comprato quando il panico del mercato era al suo apice. Gli investitori che pensavano che, in definitiva, tutto dipendesse dai profitti delle aziende saranno stati almeno nel breve periodo, svantaggiati rispetto a quelli che sembravano consapevoli di non scommettere contro la Federal Reserve (Fed) degli Stati Uniti (in rappresentanza di tutte le principali banche centrali). E chi ha scommesso sulla "mean reversion” quindi sul ritorno alle medie di lungo termine, convinti che nessuna tendenza dura per sempre e che una rotazione degli stili di investimento fosse quindi inevitabile, stanno ancora aspettando che ciò avvenga. Lo stesso vale per coloro che si aspettavano che le azioni ”value” avessero inizialmente la migliore performance, come di solito accade quando le economie e i mercati tendono a rimbalzare.

Se è vero che in diverse occasioni questa settimana le azioni “value” hanno superato di gran lunga i titoli in crescita, tali movimenti impallidiscono in confronto ai trend dei “growth” in atto dal 2007. Il segmento “growth” è ancora una volta dominato dal settore tecnologico, in particolare dai titoli statunitensi. Pertanto, questo squilibrio settoriale, che si riflette anche dalle differenze di rendimento geografiche, diventa più evidente se si confronta il settore IT statunitense con il settore bancario europeo (che rappresenta il “value stock”). Mentre il primo è in vantaggio di oltre il 5% quest'anno, le azioni finanziarie si sono dimezzate.

Il nostro “Grafico della settimana" mostra come non si tratta di un fenomeno isolato. Il rally degli ultimi tre mesi è stato trainato principalmente da quei settori già considerati già ben prezzati secondo gli standard più conservativi (se si guarda al rapporto prezzo/utile (P/E)), mentre i settori considerati più economici hanno continuato ad essere evitati. Per inciso, qualcuno nel mercato sostiene che siano "a buon mercato per un buon motivo". Ma se guardiamo all’altro lato della medaglia, questo significa che i settori che finora hanno fatto bene sono così costosi per un buon motivo? Dopo tutto, ci si potrebbe chiedere per quanto tempo alcuni settori possano continuare la loro corsa al rialzo se così tanti altri settori rimarranno in difficoltà a causa del continuo crollo economico? E cosa succederà se come stimiamo, gli Stati Uniti non raggiungeranno il livello di produzione del 2019 prima del 2022? Anche altre classi d’investimento (come le materie prime o le obbligazioni, ad esempio) non sono prezzate ai livelli di una rapida ripresa economica. Ciò spiegherebbe almeno il motivo per cui i titoli “value” continuano a registrare una performance relativamente debole: perché non si tratta di una ripresa regolare. Questo è anche il motivo per cui seguiamo alcuni di questi settori più cari, almeno in termini relativi. In tempi anomali, non ha molto senso andare contro alla Fed o contro i grandi player della tecnologia.

Valutazione vs performance a 3 mesi dei sotto-settori S&P 500

* dal 26/02/2020 to 26/05/20
** P/E ratio al 19 febbraio (picco del mercato), basato sugli ultimi 12 mesi.
Fonti: Refinitiv, DWS Investment GmbH; dati al 27/05/2020

Tabella dei Settori

Fonti: Bloomberg Finance L.P.; DWS Investment GmbH dati al 28/05/20

Le performance passate non sono indicative di quelle future. Le previsioni si basano su ipotesi, stime, opinioni e modelli ipotetici che possono rivelarsi errati.

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