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- L'asticella delle “zero emissioni nette” si sta spostando
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Tra tutti i paesi membri delle Nazioni Unite, soltanto il Bhutan in Asia e il Suriname in Sud America assorbono più emissioni di anidride carbonica di quelle che emettono.[1] Dopo che il Presidente Biden ha emanato la sua prima serie di ordini esecutivi la scorsa settimana, otutte le restanti nazioni hanno firmato l'Accordo sul clima di Parigi, ad eccezione di sei Paesi.. Le sei nazioni lasciate fuori al freddo, o sarebbe meglio dire al caldo, sono la Turchia, i paesi esportatori di petrolio di Iran, Iraq e Libia e quelli alle prese con la guerra civile, Yemen e Sud Sudan. Complessivamente, questo ridotto numero di paesi rappresenta circa il 4% delle emissioni globali di gas a effetto serra.[2]
La nuova Amministrazione americana non si è limitata ad aderire nuovamente all’Accordo di Parigi, ma ha dichiarato anche la sua intenzione di azzerare le emissioni nette di CO2 nel settore dell'elettricità entro il 2035 ed entro il 2050 per l'economia nel suo complesso.[3] Questo significa che gli Stati Uniti entreranno a far parte di un club più elitario composto da appena 125 nazioni che hanno già tradotto in legge, o si stanno adoperando per farlo, l'obiettivo di raggiungere zero emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050 o prima, con l'eccezione della Cina che ha fissato come orizzonte il 2060.
Questo club ha “origini umili”, che risalgono al giugno 2017, quando la Svezia è stato il primo paese a dichiarare di impegnarsi a raggiungere la neutralità carbonica entro il 2045. Due anni dopo, si sono uniti i membri del G7 Francia e Regno Unito, due pesi massimi in termini di emissioni. Da allora, nuovi paesi hanno aderito uno dopo l'altro in varie ondate andando ad aumentare la percentuale di prodotto interno lordo (PIL) globale impegnata per raggiungere questo importante obiettivo, con una evidente accelerazione dall'inizio della pandemia di coronavirus.
Sebbene la Cina abbia fissato un orizzonte temporale più lungo – entro il 2060 – per azzerare le emissioni di gas serra, se la città di Shanghai si dovesse porre come guida ci sono buone speranze. Al 15° Municipal People Congress di Shanghai di questa settimana, il sindaco ha dichiarato che la città punta a raggiungere il picco di emissioni di CO2 entro il 2025 e quindi potrà iniziare il percorso di discesa cinque anni prima degli obiettivi nazionali.[4] Con la Cina che continua a essere in cima alla classifica per gli investimenti annuali nel campo dell'energia pulita, potrebbero esserci in serbo altre sorprese positive.[5]
Tuttavia, mantenere credibili le ambizioni nazionali richiederà un costante monitoraggio e azioni di governo più incisive. Ne sono un esempio il Climate Adaptation Summit della scorsa settimana e i finanziamenti al Fondo verde per il clima delle Nazioni Unite (Green Climate Fund). Sotto l'Amministrazione Trump, il Fondo ha visto dei mancati incassi, in termini di finanziamenti da parte del governo statunitense, pari a 2 miliardi di dollari. Per essere in linea con gli impegni assunti dagli altri paesi e tenere il passo con i loro omologhi Europei, si stima che gli Stati Uniti dovrebbero ora immettere fondi tre volte superiori a questi mancati incassi.[6] Staremo a vedere cosa accadrà.
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