dic 17, 2020 Chart of the week

La spesa capex delle imprese deve essere il fulcro per l’allineamento agli obiettivi climatici

Cinque anni dopo l’Accordo di Parigi sul clima, la spesa in conto capitale delle imprese per attività ad alta intensità di emissioni è ancora nettamente superiore rispetto agli investimenti in energia pulita

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Cinque anni fa è stato firmato l’Accordo di Parigi sul clima. All’epoca, il Climate Action Tracker aveva rilevato che le politiche attuate in quel momento avrebbero portato il mondo a un riscaldamento di 3,6°C entro il 2100 rispetto all’epoca preindustriale.[1] Anche se molti Paesi erano impegnati a rafforzare le politiche, si è stimato che questi sforzi avrebbero comunque portato a un incremento di 2,7°C.[2]

Mentre si avvicina la fine del 2020, la Cina si è impegnata a raggiungere la neutralità delle emissioni entro il 2060, mentre il Presidente eletto degli Stati Uniti Biden si è impegnato ad aderire nuovamente all’Accordo di Parigi sul clima. Inoltre, 127 paesi, che rappresentano il 63% delle emissioni, stanno valutando di adottare o hanno adottato degli obiettivi di azzeramento delle emissioni nette, tra cui l’Unione europea (UE), il Sudafrica, il Giappone, la Corea del Sud e il Canada.[1] Oggi, una valutazione ottimistica prevede un riscaldamento di 2,1°C, che rende non impossibile raggiungere l’obiettivo fissato dall’Accordo di Parigi, che prevede di contenere il surriscaldamento globale al di sotto di 1,5°C. È un segnale di buon auspicio per il summit sul clima che si terrà nel 2021 nel Regno Unito.

Gli investimenti in conto capitale (spese capex) possono essere utilizzati come indicatore per misurare approssimativamente il rispetto degli impegni sul clima. La Climate Policy Initiative stima investimenti per il clima pari a 579 miliardi di dollari da parte di banche di sviluppo, istituti finanziari, governi e famiglie, mentre gli investimenti delle imprese ammontano a 183 miliardi di dollari.[3]

Il nostro "Grafico della settimana" guarda invece al totale della spesa capex realizzata dalle maggiori ~900 società nel 2019. Un’analisi di DWS ha rilevato che sul totale di 2 trilioni di dollari di spesa capex, le 153 società con i maggiori rischi climatici hanno preso impegni per 651 miliardi di dollari, con un ciclo di vita di circa 22 anni: questa situazione fa aumentare i rischi per il clima e i rischi di una svalutazione degli asset (“stranded asset”) man mano che verranno inevitabilmente rafforzate le politiche climatiche. Anche se il crollo della domanda di petrolio causato dalla pandemia ha spinto le società petrolifere a cancellare oltre 54 miliardi di dollari di progetti[4] e alcune compagnie energetiche europee si stanno impegnando per raggiungere obiettivi di neutralità delle emissioni, l’analisi rivela che nessuna di esse è ancora allineata a questi obiettivi.[5]

Attraverso Climate Action 100+, 545 investitori (tra i quali DWS) che gestiscono 52 trilioni di dollari di asset si stanno impegnando con le maggiori aziende del mondo.[6] A partire dal 2021, circa 160 società verranno valutate pubblicamente sulla base della riduzione delle emissioni, della spesa capex, della governance, della trasparenza e della loro effettiva attività di collaborazione a livello globale per raggiungere gli obiettivi legati al clima, Gli investitori hanno un ruolo fondamentale nell’aiutare tutte le imprese a reindirizzare la maggior parte possibile della loro spesa capex verso la realizzazione di una società rinnovabile ed efficiente dal punto di vista energetico (sarà necessaria una spesa pari a circa 4 trilioni di dollari all’anno).[7]

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